Deborah Napolitano appartenente alla nuova leva degli
sperimentatori alacri e di grande talento artistico.
Nel gruppo Pandora Partecipa a numerose
collettive in tutta Italia ma anche autonomamente ad altri eventi culturali di
rilievo.
Le sue forme si ispirano all’essenzialità
rigorosa della forma e della decorazione ceramica senza cedimenti eccedenti che ne fanno una ricerca artistica abbastanza
singolare ed unica che approda certamente ad uno stile artistico e non
esclusivamente di tecnica artigianale.
Anche questa artista affonda le radici nell’arcaico
per riemergere nella contemporaneizzazione delle forme del passato.
Il suo sperimentalismo costante ed
instancabile la porta ad entrare di forza nella cerchia delle eccellenze.
Gabriella Taddeo
il paesaggio dell’anima
nelle
prime elaborazioni formali l’artista indaga i territori della ceramica partendo
dal “genius loci”, dagli stilemi culturali ereditati dal luogo d’origine: forme
arcaiche rivisitate in chiave attuale, perfezionate e riproposte con tonalità
scure e con volumi netti e moderni. La commistione fisica tra vaso e fiori
nella sofisticata rappresentazione delle calle azzurre incorporate al vaso
smaltato di nero dà la misura dell’intimo rapporto tra arte e natura che
costituisce la matrice profonda della sua poetica.
Oggi, in
questo storico edificio, che esprime l’essenza della relazione tra
architettura, arte e natura, esaltato dal verdeggiante parco che lo circonda,
Deborah espone la sua opera di
architetto-plastificatore: e dico architetto perché le sue ceramiche risentono
intimamente della sua sensibilità architettonica. Forme essenziali che appaiono
come cifre di un codice segreto noto soltanto all’artista, escrescenze, asperità,
punte acuminate che fuoriescono dai volumi geometrici spesso smaltati con
tonalità scure. Sembrerebbe un’asserzione di assoluta negatività, ma la poetica
dell’artista è molto più complessa. Nelle sue forme spinose il rapporto tra
arte e natura è molto stretto ma molto intellettualizzato, come nella
concezione della sua raffinata abitazione, in costante dialogo con il paesaggio,
attraverso le ampie vetrate in cui natura ed arte sono speculari: cactus, agavi
ed ogni sorta di piante grasse disseminate negli esterni e nell’interno si
rispecchiano nelle elaborate crete della Napolitano. L’alternanza tra
trasparente e pungente è sinonimo di desiderio di estroversione ed al tempo
stesso di difesa: le spine rappresentano l’interfaccia del corpo con il reale,
il vetro declina la trasparenza tra l’io e il suo mondo. Il modulo della mina, riprodotto
dalle creazioni della Napolitano e che discende dalla razionalizzazione delle forme naturali, saggia il sensibile con
le spine prima di aderirvi con il corpo:
è un sistema di conoscenza! In questa maniera ritrosa e discreta
l’artista si accosta alla realtà, seppur animata da una grande vivacità
culturale e da un profondo interesse e curiosità per il mondo che la circonda. La
prima riflessione che emerge é, per dirlo con Kant, la soggettività di ogni
cosa nel mondo. Tra le piante naturali e le opere dell’artista che a quelle
piante sono ispirate, si impone fortissima la relazione kantiana tra fenomeno e
noumeno: l'opera rappresenta l'essenza percepita dell'oggetto in natura. C'è la
pianta grassa e ciò che l'osservatore percepisce di essa: il suo noumeno, la
sintesi della sostanza percepita. Il noumeno è la pianta "in sé," tutta
la pianta, anche ciò che non si capta facilmente di essa.
Tra le ultime opere figura un elmo, fortemente
stilizzato, caratterizzato dagli smalti neri che attualmente l’artista
predilige, percorsi da profonde incisioni. Anche la scelta di questo tema
rimanda ad un obiettivo di difesa, alla maschera che l’individuo utilizza per
preservarsi dalle possibili offese del reale. E qui Deborah afferma la
riproposizione della dualità corpo/energia secondo la quale la naturale carica energetica
a cui ogni organismo vivente è sottoposto, deve essere scaricata. La teoria psicologica
di Reich afferma che se la scarica di energia sessuale o altra é una necessità
improcrastinabile al fine di preservare le funzioni biologiche, la maggior parte
della nevrosi mostra una particolare struttura stratificata. Questi
"strati" possono avere una vera e propria connotazione fisica
ostacolando il naturale fluire dell'energia nell'organismo ed alterando il meccanismo naturale di carica/tensione e
scarica/distensione. Le stratificazioni costituiscono una” corazza” emozionale
e muscolare, sono lo scudo sia fisico che mentale dietro il quale la personalità
(da "persona", maschera) si nasconde per proteggere l'individuo, ma
che spesso si trasforma in mera "zavorra" limitando
la libertà e la felicità di ognuno. Nasce come un meccanismo di adattamento
all'ambiente, un'utile "barriera al dolore, ma quando il dolore si
allontana, resta la corazza, a perenne memoria. Il confronto tra la natura e
gli effetti del processo di” corazzamento” sulla natura stessa, che la Napolitano
riproduce nelle sue opere, celebra una forma di "liberazione mentale"
mediante la essenziale e scarna rappresentazione di questo confronto. Quanto una
radiografia, nella sua sostanziale restituzione dell'oggetto naturale, il
corpo, riesce a comunicare le conoscenze interiori necessarie a mettere in atto
i meccanismi terapeutici per la guarigione, così l'opera artistica di Deborah descrive il bisogno e l'esigenza attuale di
liberazione che l'uomo moderno reclama con sempre maggiore urgenza in un mondo
ostile ed oppressivo verso i tempi, i ritmi ed i movimenti naturali che deformano
il rapporto tra l'essere umano ed il suo mondo terreno.
Mariagiovanna
Sessa
Deborah Napolitano
Architetto, ha affiancato al lavoro progettuale l’amore per
la ceramica che ha sviluppato con passione e frequentando
importanti botteghe artigiane.
Colore, espressione, gioco e armonia prevalgono nel suo mondo,
un mondo mutuato molto dalla origine partenopea che traspare
con gusto in tutto il lavoro, dalla serie dei “Cactus” dove esplode
vitale tutta la cultura mediterranea, alla serie dei “Vasi” fino alla
deliziosa armonia dei “Presepi”poetiche sculture che vibrano di
colore e di rappresentazione rituale, dove la cultura della ceramica
salernitana traspare nella lavorazione ( la tipica colorazione verde
di Vietri sul Mare ) e nella riproposizione di un tema sempre caro
nella cultura ceramica popolare.